LA CAPANNA DEL GUARDIACACCIA

Ufficio del Professor Bill Weasley

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    La capanna sembrava più un rudere ammassato da una parte che una costruzione vera e propria. Sembrava che un uragano avesse strizzato una casetta di legno e l'avesse lasciata lì a fondo valle. La recinzione era andata perduta a occhio quattro o cinque anni fa, il poco legno marcio che restava era costituito da pali ormai ridotti a mozziconi nerastri che delimitavano quella che poteva essere ricondotta con un po' di fantasia alla proprietà originaria. La porta era soltanto appoggiata, e all'interno dormiva abbracciato allo zaino il professore di Cura delle creature magiche. Si svegliò mezzo assiderato, aprendo solo gli occhi e guardandosi intorno senza muovere un muscolo. Si era trovato in altre situazioni simili a quelle, ma il torpore del sonno gli impediva come fosse giunto lì. Lentamente provò a tirarsi su, e parte delle ossa protestarono con veemenza. Mentre dormiva una parte del tetto era venuta giù accanto alla parte del pavimento sul quale stava dormendo, schivandolo di pochi metri.

    Decise che era giunto il momento di sistemare quel posto e riportarlo al suo splendore originario, certo uno splendore del tutto rustico, ma pur sempre caldo e di supporto. Decise che avrebbe usato braccia e fatica e non la magia. La sfruttò solo in un'occasione, non era in grado di ripiombare il vetro ed avrebbe avuto bisogno di una finestra per tenere fuori i morsi del gelo. Fortunatamente i vetri rotti erano rimasti vicino al telaio, un po' all'interno e un po' all'esterno della capanna. Una mezza piroetta con la bacchetta e furono tutti in ordine.
    Fu una vera impresa portare fuori tutti gli attrezzi e tutto ciò che quella capanna conteneva, fortunatamente a quanto pareva nessuno si era mai reso conto della Botola sotto il tavolo di legno, che invece d'essere rimosso era stato usato come piano d'appoggio per sistemarci le cose. Con un sorriso provò a sollevare il tavolo premendo il tassello di legno sotto il tavolo, e con un lento risucchio d'aria la botola al di sotto si aprì, perfetto. Decise di lasciare a dopo la sistemazione di ciò che si trovava all'interno, richiuse il passaggio ed iniziò a guardarsi intorno. Le macerie erano state rimosse, a parte il tetto impagliato ed una parte abbondante di tegole di legno solo una trave portante del tetto si era spezzata, il resto della struttura era ancora in eccellenti condizioni. Una parte del pavimento si era spezzata a causa di un crollo, poco male. Il letto era stato rimosso, probabilmente gettato o portato altrove.
    -Un letto ce lo procuriamo...- si disse, sfregandosi le mani-Andiamo a cercare un po' di legno!
    Uscì fuori dalla capanna con un salto, saltando tutti e tre i gradini in un colpo solo, fece una proiezione con la spalla e si ritrovò a correre verso la foresta proibita, staccando al volo l'accetta dal ceppo dell'orticello.
     
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    Tornò con due grossi tronchi di un abete resinoso, probabilmente lo stesso albero tagliato in due parti per essere trasportato. La fatica si faceva sicuramente sentire, ma non si era sentito così vivo da tanto tempo a questa parte, era da un giorno abbondante che non mangiava ma si sentiva come se fosse sazio d'un buon pranzo consumato qualche ora prima. Lasciò cadere i tronchi davanti la capanna, con mano esperta utilizzò l'accetta per ripulire i tronchi dai molti rami, li tagliò sapientemente impilandoli gli uni sugli altri creando con gli scarti una legnaia che gli sarebbe servita per la settimana seguente. Fece molta attenzione a rimuovere la corteccia lasciando una porzione di legno, così da poter riutilizzare la parte tagliata per farne delle tegole di sostituzione dove il tetto era crollato. Davanti si trovavano due grossi tronchi d'abete ripuliti e riutilizzabili. Prese a braccia la misura che gli serviva per la nuova trave portante del tetto, prese un paio di spanne di comporto ed iniziò a tagliare con mano esperta creando una fessura per le dimensioni di cui aveva bisogno. Andò a cercare tra gli attrezzi che aveva scacciato da casa sua e trovò una sega a braccio, iniziò a tagliare dov'era stata praticata l'incisione e si adoperò per fare un taglio preciso. Sul retro della capanna vi erano due stanze esterne di legno, una era in buone condizioni anche se l'interno sarebbe stato da sistemare, nel secondo trovò altri attrezzi. Fortunatamente una latta d'impregnante era stata lasciata lì a far la ruggine, probabilmente dai tempi della sua cattedra di cura delle Creature Magiche. utilizzando i muscoli e della corda robusta issò la trave utilizzando l'architrave come leva, funzionò, fissò la corda e spingendo con energia portò in posizione l'architrave sull'altro lato. Con della corda pesante fissò un'estremità alla parete di legno della capanna, il resto lo fecero chiodi e martello. Gli scarti vennero sistemati in fascine per le esche del fuoco, mentre con una sega più sottile ricavava delle assi per il pavimento distrutto. Molti chiodi, pennellate d'impregnante e martellate dopo i danni causati dalle intemperie erano stati riparati. Dove un'asse era debole veniva, sostituita, dove una pietra di fondazione cedeva delle funi andavano a supportarla, in breve tempo il guardiacaccia vinse contro il destino avverso, portando la capanna al suo antico splendore. Una volta finito era troppo stanco per pensare ad una struttura per il letto. Nel pesante armadio in fondo alla capanna, una volta scacciati i pochi insetti rimasti a resistere al gelo, trovò un'enorme coperta ricavata da moltissime parti di pesante stoffa cucite assieme. Usò la magia per creare un grosso materasso ripieno e gonfio, vi adagiò la coperta e si guardò intorno, era più che soddisfatto del lavoro svolto. Dal tetto non ci avrebbe piovuto nemmeno una goccia d'acqua, ne approfittò nella costruzione per creare anche un lucernario, caricò la legna nel camino e l'accese con gioia.

    Decise di andare a finire il lavoro all'esterno sistemando con il secondo tronco la recinzione della proprietà, ma il bagno che aveva trovato fuori, nello stato in cui era, avrebbe decisamente usato la magia, prendendo le dovute distanze.
     
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    Un gufo arrivò in picchiata e atterrò su uno dei pali che anni prima avevano costituito il recinto del capanno del guardiacaccia. Emise il suo richiamo un paio di volte e attese. Fra le zampe aveva una pergamena:

    Egregio guardiacaccia, volevo informarla che ho preso possesso del mio ufficio e della mia stanza da letto. A tale proposito vorrei ricordarle di portare la legna in tali luoghi.
    Grazie
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    Tornò dal retro della capanna con uno sguardo sconvolto, come se avesse appena visto un fantasma. Il bagno ora era pulito, ma gli indicibili orrori visti in quel frangente di tempo potevano essere paragonati alle peggiori torture che avesse mai visto praticare dai Mangiamorte.
    Si rimboccò le maniche e si diresse a tagliare le assi per il recinto, o meglio, avrebbe piantato nuovi pali ed avrebbe usato la corda per fissarli gli uni agli altri, non vedeva altre soluzioni. Fu mentre stava riportando alcuni attrezzi dove aveva lasciato i resti dell'abete che notò il gufo guardarlo con astio. -Ehi amico, portami un po' quel messaggio...- il gufo emise un verso stizzito, battendo un paio di volte le ali, ma rimase dov'era. Bill si avvicinò allora al volatile e con mano esperta gli prese il biglietto. -Pfff... Se lo venga a prendere il legno la signorina... si voltò lanciando alle spalle il biglietto e tornò a lavorare alla recinzione, gli mancava ancora qualche ora di lavoro prima che fosse tutto in ordine, ma già riusciva a vedere il fondo della galleria.
     
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    Uno svolazzo della bacchetta. -Gratta e Netta!- disse in tono secco, il luogo d'un tratto venne spazzato da un forte vento che ripulì tutta la capanna, facendo fuggire ragni, millepiedi, procioni ed ogni amenità nascosta nei suoi anfratti, rendendola d'un tratto abitabile tanto quanto le polverose stanze del castello. Il legno scricchiolò avvolgente al suo primo passo nella sua nuova, vecchia casa. Portò al suo interno una fascina di legno secco ed un po' di esca per il camino, l'incanto aveva pulito a fondo persino la lunga cappa di pietra. Con delicatezza, quasi al pari d'un rito sacro, posizionò la legna nel modo corretto all'interno del camino e fece scattare con decisione una pietra focaia sull'altra. Il fuoco non impiegò molto tempo prima che iniziasse arzillo ad illuminare la stanza e a scaldare gli ambienti, era ancora freddo ma presto avrebbe fatto il suo lavoro. Approfittò del fuoco per accendere un paio di lanterne colorate che aveva trovato nel capanno degli attrezzi, quando l'olio all'interno iniziò ad avvampare sicuro anch'esse dettero un'atmosfera di casa, le appese ad un paio di chiodi sbilenchi ma sicuri della struttura, appesi verso l'alto. Era riuscito a trovare anche un paio di sedie attempate ma dure come il suo animo irlandese, legno scuro e grezzo. Si appoggiò ad una di esse, e solo in quel momento si rese conto di quanto si sentisse stanco.

    Aprì con tre scatti sicuri il fodero liso dal tempo della chitarra, prese la vecchia amica e senza farselo ripetere tre volte attinse ad una vecchia canzonaccia Irlandese che non riusciva a togliersi dalla testa.

     
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    Il camino illuminava ora l'ambiente in modo uniforme, creando delle ombre profonde oltre gli oggetti che colpiva, le due lanterne ad olio rendevano l'aria calda e piena d'aromi leggermente bruciacchiati, le luci dei vetri proiettavano immagini colorate e danzanti nei meandri del tetto. Uccelli lontani volavano a ridosso dell'ombra delle nubi che la luna creava sul lago. Con un po' di tabacco affilò una sigaretta tra le sue mani esperte, una vecchia abitudine dettata da tutto il suo girovagare. Si affacciò alla finestra ad osservare quel castello che tanto amava e che era riuscito a raggiungere nuovamente.

    Si svegliò di soprassalto dal sogno ad occhi aperti che stava facendo, si voltò e, preso l'attizzatoio, ravvivò le fiamme aggiungendo altra legna. Il camino pulito di giornata aspirava più di quanto sperasse, portando via la legna come fosse un grande falò, con un paio di sbuffi di protesta accolse i due ciocchi nuovi, e le fiamme tornarono a brillare vive. Il mago si ravvivò i capelli e strizzò più volte gli occhi, era l'ora di aprire qualcosa di più forte dell'acqua.
    Si voltò e svolse un involto di cenci dal pesante zaino militare, ne estrasse una polverosa bottiglia di idromele barriccato, un paio di bicchieri di vetro e li appoggiò sul tavolo di legno. Sgranchendosi le braccia con un gesto esperto si libero dagli acciacchi della sera, stappò la bottiglia di liquore e ne versò una generosa quantità in uno dei due.

    A breve avrebbero raggiunto tutti il castello ed avrebbe avuto il suo bel da fare con tutti gli studenti, "Beh, a pensarci bene meglio così" si trovò a pensare "Un modo onesto per guadagnarsi il pane" bevve una sorsata di idromele e sorrise, guardando i riflessi del bicchiere "Un modo onesto..."

    Edited by *Bill Weasley* - 16/2/2015, 01:11
     
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    Aprì gli occhi all'improvviso, guardandosi intorno. Si era appisolato un momento sulla sedia, il fuoco aveva smesso di ardere e non vi erano quasi più braci nel camino. Decise che era giunto il momento di farsi una camminata, magari fuori dal castello, bere qualcosa in un posto che non rischia di prendere fuoco se ti addormenti di botto com'era successo in quel momento, niente affatto sicuro.

    Recuperò i suoi effetti personali e si mise l'essenziale in spalla, il mantello sul suo giaccone pesante gli dava sempre un'aria da fantasma nella notte, ma meglio essere più cauti che più stupidi.
    Si voltò e in un lampo, spento il camino e chiusa la porta, si incamminò verso i cancelli della scuola.
     
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  8. Karen Brightwater
     
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    Tra grigie nubi e qualche spiraglio di sole la giornata era quasi confortevole per una passeggiata nel parco. Ed era proprio una passeggiata, senza una meta e sovrappensiero, che aveva condotto i passi di Karen Brightwater fino alla capanna del Guardiacaccia. Il sussurro frusciante del limitare della Foresta Proibita accarezzato dal vento era simile ad una voce viva, lontanamente familiare.
    Erano luoghi che non vedeva da quando era studentessa. Di tempo ne era passato un po'.

    La giovane donna vestiva un mantello grigio di lana, lungo fin quasi ai piedi, ed il cappello a punta a tesa larga calcato fin sulla fronte. Rallentò l'andatura fino a fermarsi accanto alla staccionata dell'orto. Il guizzo di un sorriso tra sè e sè.
     
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    Il cielo era ancora adombrato da pesanti nubi grigie, le ombre iniziavano già ad allungarsi su quelle fredde giornate invernali. Si sistemò il suo zaino sulla spalla sinistra e, tirato il cappuccio sulle spalle, si ravvivò i capelli con una mano. Raggiunse con passo sicuro la capanna e notò una figura al limitare del recinto. Aguzzò la vista cercando di riconoscerla, ma dalla corporatura e dal modo di vestire non si erano ancora mai incrociati. Cercò di darsi una mezza pulita, il mantello logoro ed i vestiti consunti non erano il modo adatto di presentarsi ad una signorina.
    -Posso esserle utile?- sfruttò l'effetto sorpresa per far sì che si voltasse, così da carpire qualche informazione dal suo atteggiamento. Era una ragazza graziosa, dal viso gentile, anche se ora un po' spaesato. -Ci conosciamo?
     
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  10. Karen Brightwater
     
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    Nel voltarsi, per un solo istante, Karen ebbe negli occhi un lampo di allerta, la reazione spontanea che Bill Weasley aveva sperato di provocare. Battendo le ciglia la donna catturò in un paio di fotogrammi un'occhiata dello sconosciuto che aveva di fronte. Chinò appena il capo in cenno di saluto e rispose in tono affabile: -Non credo. Lei è il Guardiacaccia? E subito dopo aggiunse: -Non mi serve nulla, stavo soltanto facendo un giro. Scusi l'intrusione. Karen Brightwater, la nuova professoressa di Incantesimi. Porgeva la mano magra in un invito a stringerla.
     
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    Un sincero sorriso pervase le labbra dell'uomo, prendendo la mano con entrambe le sue e ponendoci sopra la fronte in segno di saluto. -Come definirla un'intrusione, siamo tutti ospiti dello stesso, grande giardino, signorina Brightwater- fece una pausa, in cui notò che non vi era freddezza o distaccamento dallo sguardo della collega -Karen- decise di permettersi viste le circostanze, lasciò con gentilezza la mano dalla presa delle sue due. -Perdonate l'aspetto consunto, sono stato fuori per parecchio tempo e non ho avuto un momento per rammendare gli strappi, sono desolato- la invitò con una mano verso la Capanna, mantenendo il sorriso -Mi perdoni ancora, non ho ancora avuto il piacere di offrirle qualcosa di caldo da bere, con il tempo che imperversa è più un obbligo che una cortesia, prego... Sono William, ehm, Bill, Bill Weasley, sarò il professore di Cura delle Creature Magiche per qualche tempo, quindi saremo colleghi, presumo.- ipotizzò, mentre allungava il passo verso la porta e la apriva con una pesante chiave bronzata.
     
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  12. Karen Brightwater
     
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    Karen si fece contagiare dal sorriso abbastanza in fretta. Sollevò le mani rifiutando le scuse. -Non vedo cosa ci sia da perdonare. - rispose, affabile. Effettivamente sembrava che notasse solo ora com'era vestito Bill, ma più che giudizio di qualsivoglia sorta nei suoi occhi s'intravedeva curiosità. -Colleghi? Ah! Capisco. Magari per un tè posso fermarmi, sì... visto che è stato così gentile da invitarmi. Accettò infine, con tono allegro. Si mosse per seguire il gesto dell'uomo, lasciando che fosse tuttavia lui a precederla. -Vive qui da molto, lei?- Incalzò, vivace ma sempre con cortesia.
     
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    -Da più di quanto voi possiate immaginare... Ero professore oltre dieci anni fa presso questa scuola, prima che... lasciò cadere il discorso, la porta appena riparata si scansò senza fatica. L'interno era silenzioso e buio, si affrettò a gettare la legna nel camino e con fare esperto si adoperò per accenderlo. -Se non vi dispiace, ci dovrebbero essere due lampade ad olio appese lì vicino a lei, se fosse così gentile da accenderle- nel frattempo l'esca aveva preso con energia ed in breve tempo il camino iniziò a scoppiettare. Solo allora si rese conto stendendosi nella sua altezza e grattandosi la testa, che non aveva Tè a disposizione --Immagino non siate per un bicchiere di qualcosa di più forte del tè, un po' di idromele magari?
     
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  14. Karen Brightwater
     
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    Lampade... una volta individuate, Karen sfilò la bacchetta da qualche tasca sotto il mantello e con un tocco rapido accese lo stoppino di ciascuna. -Dieci anni? Caspita... e ora invece era in viaggio per lavoro o per diletto?- commentò, tenendo viva quella conversazione occasionale con quel suo modo di incuriosirsi che le dava un'aria quasi infantile. -Uh? E perchè no... magari poco, che non sono abituata... ma domattina non lavoro, quindi non dovrebbero esserci problemi. - Ridacchiò coprendosi la bocca, mentre dava un'occhiata all'interno della capanna.
     
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    Si guardò intorno, l'aria era sicuramente più calda e morbida, le luci colorate di verde e rosso davano all'ambiente un tono rassicurante -Lavoro dite? Oh no, ho viaggiato per motivi molto meno nobili ahimé, ma alla fine come si suol dire non vi è posto migliore di casa...- sospirò, prendendo la bottiglia di idromele che era poggiata sul tavolo e stappandola con fare esperto in un unico pop, ne versò due bicchieri -Sono andato a cercare qualche risposta nel mio passato, un viaggio assai più arduo, mi trovò il preside al Paiolo, qualche tempo fa, non nelle condizioni migliori- sorrise, pensoso -Divertente a volte la strada che prende il destino.- Dette un sorso alla bevanda rinfrancante. -Ma parlatemi di voi, è da molto tempo che non incontro una faccia amica, e non sono molto bravo ad intrattenere lunghe conversazioni parlando di me soltanto- la guardò negli occhi, era da davvero moltissimo tempo che non parlava con una ragazza, e si trovò ad arrossire come un ragazzino, affondò lo sguardo nel bicchiere, dandovi un altro sorso -Sempre se volete, ovviamente...-
     
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