Ufficio professor Frank Burton

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    Arrivai davanti alla porta del mio ufficio seguito da una fila interminabile di scatoloni che si libravano dietro di me. Non vi ero ancora entrato da quando ero arrivato alla scuola, e speravo che l'arredamento che avevo ordinato qualche settimana prima fosse finalmente arrivato. Tirai un sospiro di sollievo quando, mettendo piede nella stanza, constatai che c'era tutto.

    La stanza era rettangolare, non molto grande, appena una ventina di metri quadri. La porta d'ingresso si trovava sul lato sud. Le pareti est e ovest erano più grandi rispetto a quelle nord e sud. Su quelle occidentale e settentrionale si trovavano due librerie, vuote, che le occupavano interamente. La parete meridionale, oltre alla porta, era tappezzata di articoli della Gazzetta del Profeta inerenti l'Erbologia. La parete orientale, infine, era costituita da un'immensa vetrata e davanti ad essa giaceva tutta una serie di serre in miniatura che avrebbero ospitato i vasi di tutte quelle piante che, per diversi motivi, non potevano essere immediatamente piantate nelle serre grandi.
    Davanti alla libreria nord erano state sistemate una scrivania in legno di mogano rossiccio dall'aspetto molto spartano, un po' avanti con gli anni e recante i segni dei precedenti professori e una poltrona imbottita in stile classico, di un colore molto simile.

    Feci atterrare gli scatoloni al centro dell'ufficio. Aprii tutti quelli che recavano l'etichetta "Libri" e, aiutandomi con la magia, cominciai a sistemarli nella libreria ovest in ordine rigorosamente alfabetico, la qual cosa richiese un'ora piena. Una volta ultimata la collocazione dei libri, mi dedicai alla parte più complicata, ossia sistemare i vasetti contenuti nei restanti scatoloni nelle serre in miniatura. Cominciai ad aprirli, stavolta manualmente, sperando vivamente che nulla si fosse rotto nel trasporto o che nessuna pianta delicata si fosse guastata nel breve periodo di clausura. I danni, nonostante fossero limitati, erano di un'entità disastrosa: l'unico esemplare di Amaranto che ero riuscito a procurarmi in Venezuela aveva perso il suo usuale colore magenta per assumere un colorito marrone, segno che stava per morire.

    Maledizione, ma proprio l'Amaranto? Maledizione, maledizione, MALEDIZIONE!

    pensai, mentre delicatamente travasavo la pianta in un nuovo vaso con della terra nuova e fresca, le davo un po' d'acqua e qualche goccia di un fertilizzante magico che alcuni maghi sudamericani mi avevano consigliato per curare le piante del loro continente.

    Alla fine, riuscii a sistemare tutti i vasi nei loro posti. Dopo averli innaffiati tutti, mi sedetti sulla poltrona, esausto. Notai solo allora che sulla scrivania si trovava una pergamenta. La firma era quella del Preside, e il messaggio era di benvenuto. Dopo averla letta, la riposi in un cassetto della scrivania sulla destra, quindi con la bacchetta feci levitare l'ultima scatola, più piccola delle altre, sulla scrivania. Conteneva due bottiglie ancora intatte di Whiskey Incendiario e un paio di bicchieri di vetro. Sistemai il tutto in uno sportellino in basso a sinistra. Presi quindi un libro dalla libreria, "Erbe e piante magiche della foresta Amazzonica", di Amadeus Thielen, e cominciai a sfogliarlo alla ricerca di un rimedio per l'Amaranto.
     
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    Qualche tempo dopo...


    Rientrai finalmente nel mio ufficio dopo le peripezie della notte appena passata. Avevo dormito veramente poco e un moderato cerchio alla testa mi ricordava che il mio corpo non reagiva più come un tempo all'alcool.

    Trovai un elfo domestico davanti alla porta recante un biglietto. Lo aprii e ne lessi il contenuto.

    "Nymphadora Goldbride... Questo nome non mi è nuovo...", pensai.

    L'avevo sentito in qualche occasione, ma non riuscivo tuttavia a ricordare precisamente. L'unica cosa di cui ero sicuro era che non facesse parte dell'Organizzazione. Quelli me li ricordavo tutti.

    La questione andava approfondita. Bisognava conoscere l'organico del personale del castello e capire chi potenzialmente potesse costituire una minaccia. Gli scenari erano molteplici: spie piazzate dal Ministero per sorvegliarmi, vecchi Auror non completamente convinti della mia innocenza che mi davano la caccia per soddisfare il loro ego. Le mosse successive andavano calcolate precisamente ed eseguite chirurgicamente.

    Entrai nel mio ufficio, facendo cenno all'elfo di seguirmi dentro. Presi dalla scrivania una pergamenta e scrissi rapidamente una risposta. Piegai il foglio in quattro e lo diedi all'elfo.

    Consegnalo a Nymphadora Goldbride.

    L'elfo prese il biglietto, eseguì un profondo inchino, e svanì.

    Decisi quindi di riprendere i miei doveri di Erborista. Ma prima di dirigermi alle serre, visto che le lezioni sarebbero iniziate a breve, pensai fosse meglio cominciare a definire meglio il corso. Avevo già in mente un paio di cose, ma volevo avere un quadro più organico di ciò che avrei voluto fare. Appellai con la bacchetta alcuni libri, mi misi a sedere e cominciai a lavorare.
     
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    Ero seduto nell'ufficio, intento a preparare le lezione di quel giorno, quando un gufo cominciò a picchiettare alla finestra. Mi alzai per aprire e farlo entrare. Depositò un foglio sulla mia scrivania.

    La presi e la lessi con attenzione. Era di Bill. Parlava di una missione suicida e di prepararmi per partire quel martedì.

    Appena finii di leggere, cominciai ad arrovellarmi il cervello cercando di capire di cosa si trattasse. Non mi venne in mente nulla, tuttavia.

    Prepararmi... Ma a cosa?

    Presi il borsone, vi puntai contro la bacchetta.

    Adduco Maxima.

    Non sapendo cosa sarei andato ad affrontare, avrei dovuto prepararmi a qualunque tipo di situazione. Un mantello pesante, un paio di tomi su erbe e piante magiche, qualche sachet di protezione di quelli che avevo preparato prima di tornare a scuola.

    Freneticamente, cominciai a girare per tutto l'ufficio, pensando a cos'altro sarebbe potuto servirmi. L'orologio mi ricordò quindi della lezione di Erbologia.

    Dannazione... Finirò più tardi...

    Uscii dall'ufficio di corsa, diretto verso l'aula.
     
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    [Qualche giorno dopo...]

    Le vacanze concesse dal Preside erano capitate proprio a fagiolo. Le avevo sfruttate appieno per recuperare dal viaggio siberiano che, seppure era durato poco meno di un giorno, mi era costato parecchio in termini di energie. Avevo passato i primi giorni per lo più a dormire, con qualche sporadica sortita alle Serre giusto per controllare lo status generale, per poi ritornare a poltrire.
    Mi trovavo nel mio ufficio quel giorno immerso in una lettura, quando la routine fu interrotta dal noto picchiettìo che segnalava l'arrivo di un gufo alla finestra. Mi alzai e aprii la finestra. Il gufo lasciò il messaggio sullo scrittoio per poi volare di nuovo via.

    Presi in mano la busta e la esaminai. Le iniziali del mittente, K.O.N., mi fecero capire che l'ozio sarebbe finito quel giorno. L'ultima volta che avevo ricevuto un gufo da lui ero finito svenuto dal dolore.

    Non un attimo di tregua...

    Poi pensai che erano giorni che poltrivo. Procedetti con la lettura della lettera. Convocazione al Sinister. Tirai un sospiro, non di sollievo ma di rassegnazione al corso degli eventi, e mi misi in piedi. Indossai il mantello, e mi misi in movimento.
     
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  5. Hélène S. Dumont
     
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    *Molto tempo dopo*

    Le indagini alla Stamberga, affidatele da Lord Reisen, avevano trovato il proprio cominciamento dall'indagine sull'accaduto suggerita dalla professoressa Nightal.
    Il primo elemento del percorso era Frank Burton, e questo era un problema.
    Un grosso problema.

    Burton era un mangiamorte o quantomeno lo era stato e poteva riconoscerla.

    Non era attualmente a conoscenza di quali attività extracurriculari occupassero la sua agenda, se le medesime di tanto tempo fa o assolutamente diverse, tuttavia c'era una possibilità che potesse capire chi fosse, fattore che fece esitare Hélène, proprio poco prima di bussare alla porta del suo ufficio.

    «Idiozie. Mi avrà incrociato sì e no due volte dal vivo e fortunatamente al Covo portavo quasi sempre la maschera»

    Affidandosi a questa autorassicurazione, si decise a bussare e attese.
     
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    A erva-mate pode atingir doze metros de altura. Tem caule cinza, folhas ovais e fruto pequeno e verde ou vermelho-arroxeado. As plantas só se reproduziam por meio de pássaros da região, que ingeriam o pequeno fruto e defecavam sua semente já escarificada. A plântula é muito sensível ao sol, tanto que, mesmo no plantio moderno, a técnica exige sombreamento até que a planta atinja alguma maturidade. [...]



    Com'era che mi aveva detto quel farabutto? Ah sì, "ma il portoghese è molto facile", "si capisce tutto subito". E invece non si capiva nulla. Se mai dovessi ritornare in Brasile, gliel'avrei fatta pagare. Centocinquanta galeoni presi e buttati. Più che altro stupido io che ho comprato a scatola chiusa. Vai a fidarti dei mercanti di strada...

    La giornata, nonostante atmosfericamente non fosse stata male, aveva preso una piega negativa. La mia erba mate non stava benissimo e l'unico stramaledetto libro che avessi a riguardo era in portoghese. L'avrei guardata morire, ne ero certo, e non potevo farci nulla.

    Preso dai rimorsi di coscienza, iniziai a sfogliare nevroticamente il libro cercando di carpire qualche informazione che potesse essermi utile ma nulla, non comprendevo neanche mezza parola per sbaglio. Frustrato, nella vana speranza di rimescolare i pensieri in testa e far emergere qualche ricordo che potesse aiutarmi, mi diedi due colpetti leggeri sulla testa con il pugno sinistro.

    *TOC TOC*



    Ecco, quella era la conferma: la testa era vuota, non c'era più nulla da fare.

    Ma cosa diavolo dici? Hanno bussato, rimbambito!

    Ah, ecco, c'era qualcosa che non quadrava. Mi schiarii la voce.

    Ahem... Avanti, la porta è aperta.
     
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  7. Hélène S. Dumont
     
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    «Professor Burton? Sono...»

    Frank Burton alle prese con delle piante.
    Il feroce Frank Burton, il cui nome svettava tempo addietro nella top ten dei più temuti fra i Mangiamorte.
    C'era qualcosa di profondamente sbagliato in tutta quella nuova situazione, qualcosa che la giovane donna si impose di ignorare.

    «...Hélène Dumont, Auror del Ministero, e ho necessità della sua collaborazione per un caso segnalatoci dal vostro Preside, relativo alla Stamberga Strillante.
    Lei cosa mi sa dire in merito?»


    Aveva già saputo tutto ciò che c'era da sapere dalla docente di Pozioni, tuttavia il punto di vista di Burton si sarebbe sicuramente rivelato utile, considerata la situazione.

    «Ed io devo mantenere il sangue freddo o rischio di tradirmi da sola»
     
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    La porta si aprì ed entro una donna sconosciuta. Si presentò come Hélène Dumont.

    Il nome mi era totalmente nuovo, ma il portamento di quella donna mi era familiare.

    Aspetta, cos'è che ha detto?

    Auror, ha detto Auror del Ministero.

    Ok, è andata. Sono venuti a prenderti. Avrai sicuramente lasciato qualche traccia in giro e sono risaliti a te. Bravo, eh! Complimenti, davvero un bel lavoro.

    Non poteva essere, ero sempre stato attento, era fuori discussione! Dove avevo sbagliato?

    Prepara le valigie, Frankie bello, questa bella signorina qui rappresenta un biglietto di sola andata per Azkaban.

    No, no! Non ad Azkaban, per l'amore del cielo! Cosa potevo fare?

    Forse se la colpisci prima tu, hai il tempo di scappartene nuovamente in Brasile... Cosa vuoi che siano quattro anni di latitanza in più a questo punto?

    Bene, sembrava un buon piano. Feci scivolare lentamente la mano alla tasca del mantello dove tenevo la bacchetta.

    «relativo alla Stamberga Strillante»

    Ti è andata di lusso, ti sei salvato anche stavolta.

    Oh mamma mia. Stavo per fare una cosa stupidissima, meno male che ha spiegato immediatamente il motivo della sua visita. Il cuore batteva ancora a mille.

    Un momento. Adesso che erano passate le manie di persecuzione, il mio cervello si focalizzò su quanto mi era stato detto. Non tanto sul contenuto, ma sulla voce in sé. Io quella voce l'avevo già sentita, ne ero certo. Ma era davvero così oppure era il mio istinto paranoico che si stava ancora prendendo gioco di me.

    Falla parlare ancora, dobbiamo esserne certi!

    Ah, sì, la Stamberga Strillante. Oscuri eventi si sono verificati in quel luogo, a quanto ho avuto modo di capire. Ma io non sono stato coinvolto direttamente, non saprei come poterla aiutare. Ha qualche domanda un po' più specifica?
     
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  9. Hélène S. Dumont
     
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    Il suo sguardo.

    Degli occhi di Frank Burton in passato si erano dette molte cose.
    Affascinanti.
    Ambigui.
    Strani.
    Pericolosi.

    Ricordava ancora il mantra che il Reggente della Torre di Specializzazione degli Auror amava ripetere: «gli occhi, Halliwell, fai attenzione agli occhi.
    Posso essere franco con te?
    Se non studi gli occhi, tutto il resto non servirà a un cazzo»


    Lo ribadiva ogni singola volta.
    Prima di ogni lezione.
    Prima di ogni esercitazione pratica.
    Prima di ogni esame.

    Gli occhi, Halliwell, fai attenzione agli occhi.



    Qualcosa in quegli occhi la spinse a fingere un accesso di tosse improvviso che, in breve, divenne una vera e propria crisi.

    Fece un cenno, come per scusarsi.

    Accidenti, il dannato clima Londinese, non ci era proprio abituata, o idiozie del genere.
    Non voleva certo rischiare di contagiare chi le stava vicino!
    Era proprio necessario premere il foulard che recava con sé contro le labbra.


    Adesso che aveva guadagnato qualche secondo di tempo, doveva pensare.
    IN FRETTA, dannazione!

    Avrebbe potuto autocastarsi l'incantesimo Silencio.
    «E Burton è così stupido da non accorgersene?»

    Avrebbe potuto semplicemente lasciare la stanza.
    «Un cartello con nome e generalità sarebbe un'ammissione meno cristallina di questa»

    Oppure...

    «Mi scusi» - disse, in tono estremamente gutturale - «Una brutta influenza. Da quando sono stata operata alle corde vocali, non mi lascia mai in pace.
    Diceva?»
     
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    La vita nella foresta amazzonica mi aveva insegnato a riconoscere anche le più impercettibili vibrazioni sonore. Se non ti accorgevi del tentacolo di un Tranello del Diavolo che ti strisciava alle spalle, non potevi sperare di sopravvivere. Ma io ero sopravvissuto e i miei sensi non avevano ancora fatto cilecca.

    Ha cambiato tono di voce, l'hai notato vero?

    Sì, non sarebbe sfuggito neanche ad un sordo. Aveva cambiato tono di voce di proposito, c'erano ormai pochi dubbi.

    Ci conoscevamo dunque.

    Cosa sai? Ragiona!

    Ho riconosciuto la sua voce, ma non il suo volto. Polisucco? No, quella cambiava pure la voce. Trasfigurata? Probabile, poteva essere una strega molto potente, ma se si era presa la briga di trasfigurarsi il volto, avrebbe sicuramente trovato il modo di dissimulare anche la sua voce.

    C'è un solo luogo al mondo dove alle voci non puoi associare volti... Tu sai bene qual è...

    Se era davvero così, saremmo stati tutti in pericolo di lì a breve. Per il momento, non avrei corso rischi dentro la scuola. Decisi di reggere il gioco e rimandare le indagini a dopo.

    Capisco, è una stagione strana questa, spero non sia nulla di grave.

    Posai il mio sguardo sui suoi occhi, poi proseguii.

    Dunque, per quanto riguarda la sua indagine, mi sono ricordato di un particolare interessante: sono passato nei dintorni della Stamberga qualche settimana dopo gli spiacevoli avvenimenti. Ho notato che gli alberi mostrano una chioma molto asimmetrica, chiaro sintomo di una sofferenza della pianta. La cosa curiosa è che l'asimmetria si manifesta proprio dal lato della chioma che punta verso la Stamberga. Certo, la causa di questa asimmetria può benissimo essere il vento gelido che ha spirato in quella direzione, è una cosa che succede spesso agli alberi quando fa freddo, non so se mi spiego...
     
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  11. Hélène S. Dumont
     
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    Stavano entrambi giocando al gioco.
    Lui sapeva.
    Lei sapeva.
    Entrambi non potevano essere a conoscenza delle acquisizioni conoscitive reciproche e di quant'altro vi fosse da comprendere.

    Sarebbe stato tutto dannatamente più facile se avesse semplicemente voluto fuggire.
    Avrebbe potuto trasfigurarsi tranquillamente volto e voce e non pensare più a nient'altro.

    Già.

    Se solo non avesse voluto tentare di riallacciare i contatti con gli altri.

    Il vero problema era solo questo: non sapeva chi le poteva essere amico e chi nemico, e se da un lato celare i suoi tratti e le sue fattezze avrebbe costituito un'ancora di salvezza da chi la perseguitava, dall'altra, ne era stramaledettamente certa, sarebbe stato un enorme passo falso nella prova di fiducia nei confronti degli altri.

    Dunque doveva rimanere a viso scoperto, ed utiizzare tutta la propria intelligenza.

    Probabilmente, Burton aveva già capito cosa li legava.
    Hélène, tuttavia, non poteva sapere chi fosse Burton in quella nuova vita, dunque era necessario che ciò che aveva compreso rimanesse tutto ciò che avrebbe mai captato durante quell'incontro.

    «Avrò bisogno di lei alla Stamberga.
    Una volta contatti il professore di Cura delle Creature Magiche ed il Preside, sarebbe opportuno recarci sul posto e cercare di capirci qualcosa.
    Nel frattempo, mi dica professore: pensa che la magia nera possa influire sugli alberi?»
    - domandò, mantenendo l'inflessione scura e gutturale del tono di voce senza mai modificarla.

    Il suo sguardo era impassibile su quello di lui, non un tremore o il più piccolo movimento tradivano l'ansia di essere scoperta: del resto mantenere un atteggiamento calmo e stoicamente indifferente faceva parte del suo lavoro.
     
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    Ecco, adesso venivano i problemi. Gironzolare fuori dai cancelli di Hogwarts insieme ad Auror che in passato probabilmente bazzicava al Covo non era nella lista delle mie priorità in quel periodo storico della mia vita.

    Ma sì che c'è, guarda, è proprio l'ultima voce della lista. Viene dopo "costituirsi al Ministero".

    Però, se ci fosse stato anche Bill, mi sarei sentito più sicuro.

    Ottima tattica. Artigliera pesante avanti e noi battiamo in ritirata, non sei così scemo in fondo.

    Ad ogni modo, a ciò ci avremmo pensato al momento opportuno.

    Vediamo di rispondere e osservare come si evolve questa commedia.

    Le piante in generale sono influenzate da tutti i tipi di magia. Esse la assorbono e la riemettono in continuazione, quando vi sono esposte. Quindi, la risposta alla sua domanda è affermativa, miss Dumont. Il punto è che queste emissioni sono raramente così forti da poter influenzare a loro volta l'ambiente circostante, o da modificare permanentemente le proprietà magiche insite della pianta, o in generale da essere percettibili in alcun modo.

    Pausa. Mi alzai dalla sedia e mi diressi verso l'armadietto in cui tenevo una provvista di infusi.

    Gradisce un infuso per la sua influenza, miss Dumont? Ho qui un paio di erbe che sono un vero toccasana in questi casi.

    Dissi mentre iniziamo a preparare l'occorrente per bollire l'acqua.

    Edited by Frank Cæsar Burton - 22/9/2016, 14:54
     
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  13. Hélène S. Dumont
     
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    «Ahahahah.
    Sì, certo.
    Ed io dovrei fidarmi della gentile offerta di un mangiamorte esperto di veleni e sostanze tossiche naturali»


    «La ringrazio, professore» - replicò, mettendo in scena una perfomance da Oscar con tanto di sguardo stanco e malaticcio e tono di voce incredibilmente sempre uguale - «lei è molto gentile, io però sono allergica a fiori ed erbe di molti tipi ed in più, senza offesa, alquanto scettica nei confronti dei rimedi naturali»

    «Io stessa ho ricoperto questo ruolo. Fino a quando non saprò chi sei ad oggi, non toccherò neppure il più innocuo dei fiori della Serra, Burton, puoi starne certo»

    Prese nota di ciò che lui le aveva appena detto, dopotutto aveva un lavoro da fare ed intendeva portarlo a termine nel migliore dei modi.
    Dando uno sguardo veloce ai suoi appunti, qualcosa si illuminò nella sua mente.

    «Professor Burton, alcuni maghi Erboristi sostengono che anche le piante, come tutti gli altri esser viventi, posseggono una propria memoria, una sorta di database, per così dire, che conserva ogni traccia di ciò cui hanno "assistito", e che in via teorica sarebbe possibile estrarla, proprio come da un essere umano.
    Lei crede sia vero?»


    Edited by Hélène S. Dumont - 22/9/2016, 15:11
     
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    È normale che abbia rifiutato, sicuramente pensa che tu la voglia avvelenare.

    Giustissimo, ma non ero molto propenso a commettere crimini nel bel mezzo della Scuola, mi avrebbero scoperto immediatamente.

    Ah sì? E che mi dici del fatto che fino a qualche minuto fa ti avevo quasi convinto di stenderla e scappare in Brasile?

    Quello era un altro paio di maniche.

    Mentre l'acqua raggiungeva la temperatura per l'ebollizione, presi una manciata di erbe dalla mia selezione personale di ansiolitici naturali e cominciati a pestarle finemente.

    Sì, è certamente vero. Se pensiamo alle bacchette, che sono fatte per la maggior parte di legno, è possibile scoprire gli ultimi incantesimi lanciati con il Prior Incantatio. Tuttavia, le bacchette vengono sapientemente incantate, lavorate ed unite ad altre sostanze provenienti dal mondo magico affinché possano veicolare gli incantesimi e conservarne traccia.

    Il gorgoglìo dell'acqua segnalò l'avvenuta ebollizione. Misi quindi le erbe in infusione. Mentre l'acqua cambiava colore, continuai.

    Ritengo pertanto che su di un albero comune il processo sia pressoché impossibile, a meno di abbatterlo e ridurlo in segatura.

    Filtrai l'infuso e diedi un breve sorso.

    La qual cosa sarebbe però professionalmente inaccettabile dal mio punto di vista.

    No, non avrei disboscato l'area intorno alla Stamberga per aiutare un'indagine Ministeriale.

    Questa cosa la possiamo aggiungere alla lista delle priorità. La mettiamo prima o dopo "evocare il Marchio Nero nell'ufficio del Ministro della Magia"?

    Dopo. Ripresi a sedermi e continuai a sorseggiare l'infuso.
     
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  15. Hélène S. Dumont
     
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    L'occhio finemente allenato di Hélène e il suo passato in quella Serra le consentirono di riconoscere al volo le erbe che stava utilizzando per il suo infuso.


    «Perché hai bisogno di calmare i tuoi nervi, Burton? Da cosa stai scappando? Mi posso fidare di te?»


    «Non darò ordine affinché sia disboscata l'intera zona, naturalmente» - replicò, sorridendogli pacatamente.

    Diede un'ulteriore sguardo agli appunti che aveva preso.

    «Sarò franca con lei, questo caso potrebbe avere due svolte radicalmente opposte: risolversi in una bolla di sapone, o...»

    Gli lanciò un breve sguardo significativo, unendo i polpastrelli sotto il mento in una caratteristica posa riflessiva.

    «...essere il segno di qualcosa di più grave»

    Sospirò brevemente, intensificando il suo sguardo, adesso rivolto altrove, quasi perso nel riannodare un filo di pensieri cupi e complicati.

    «Potrebbe sempre trattarsi dello scherzo di un mago molto potente, o di un'infestazione, anche se personalmente - per quanto agogni ad essere smentita, in questo caso - lo ritengo altamente improbabile, direi assurdo, se non avessi appreso che non esiste nulla del genere a questo mondo»

    Quanta verità.

    «L'altra opzione è che ciò che lei dava per inverosimile possa essere reale.
    Che quel quantitativo di magia nera così impressionante, tale da lasciare dei segni persino sulla flora circostante, possa essersi davvero abbattuto sulla Stamberga.
    Una forza tale da agire sulle menti.
    E se così fosse, professore, di qualunque fenomeno o individuo si tratti...»


    Gli lanciò un altro sguardo, decisamente più intenso del primo.

    «...siamo tutti in pericolo»
     
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17 replies since 17/2/2015, 23:22   252 views
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