Camere di degenza

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  1. Mariska Horvàth
     
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    Non seppe dire se arrivò prima il fastidio alla mano o la sensazione di soffocamento. Fu tuttavia la seconda a suscitare in lei la reazione più violenta, tanto da sbalzarla in avanti alla disperata ricerca di prezioso ossigeno.
    Svegliandosi all'improvviso si mise seduta sul...letto?

    Dov'era? Che posto era mai quello? Come c'era finita? C'era arrivata da sola? O ce l'avevano portata? E perché? E che cazzo era che quel dolore alla mano?

    Si voltò per osservarsi l'arto, e lo vide. Incredula, osservò un corvo nero che le stava beccando il dorso della mano. Nel punto in cui il becco colpiva, la pelle si era ormai escoriata e solo allora Mariska lo allontanò in malo modo, urlando.
    E tu chi diavolo sei, bestiaccia malefica!?

    Quasi in risposta alla sua domanda, un battito d'ali annunciò l'arrivo di un altro volatile; sul davanzale della finestra aperta un secondo corvo, simile al primo anche se decisamente più grosso, stava fissando la ragazza con occhi straordinariamente intelligenti. Una sorta di consapevolezza crebbe in Mariska non appena incrociò lo sguardo dell'animale.

    Huginn. - disse con voce ferma e pacata. Poi, come se la parola stessa le avesse rivelato un pensiero che prima non aveva considerato, si voltò verso l'alto pennuto. - Kavka.

    All'unisono i due corvi gracchiarono, come in risposta alle parole di Mariska.
    L'effetto che le loro "voci" ebbero su di lei fu paragonabile a quello di una sveglia che suona nel cervello. La ragazza riacquistò lucidità e i suoi occhi si fecero più vigili. Si alzò rapida in piedi e prontamente si mise a ispezionare l'ambiente in cui si trovava.
    Vide subito il fagotto in cui erano conserati, riposti con più cura di quanta lei stessa non avesse mai avuto, i suoi abiti e alcuni oggetti che sapeva essere suoi, ma a cui non riusciva ad associare nessun ricordo particolare.
    Ma se i miei abiti sono qui, io cosa sto indossando?

    Solo allora la sua attenzione si focalizzò sulla camicia da notte che portava e, in particolare, sulla scritta ricamata che si trovava all'altezza del suo seno sinistro.

    San Mungo

    Tutte le domande inerenti a quella nuova informazione vennero spazzate via quando i suoi occhi caddero sulla cartelletta arancione appesa alla spalliera del letto.

    Nome paziente: Mariska Horvàth
    Stato clinico: guarita
    Dimissioni autorizzate


    Non le interessò nemmeno approfondire quanto aveva appena letto, e pochi secondi dopo aveva di nuovo indossato i suoi vestiti e, con la bisaccia a tracolla, era davanti alla porta chiusa della stanza. Mentre osservava i due corvi che svolazzavano nella sua direzione, l'aprì.

    Non ho menzionato la bacchetta di proposito, poiché l'averla o meno poteva non dipendere da Mariska


    Edited by Mariska Horvàth - 4/12/2015, 12:14
     
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  2. Il Tessitore
     
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    La porta della camera di Mariska si aprì, portandola in un corridoio del San Mungo.
    Non sapeva cosa fosse il San Mungo, ma dalla cartella clinica si poteva supporre si trattasse di un ospedale; e dalla luce alla finestra si poteva supporre che fosse giorno inoltrato.
    Eppure, quale ospedale, a giorno inoltrato, ha dei corridoi così deserti?

    Non un'anima viva in giro.
    Strano?
    Non quanto aver perso la memoria.
    E essere in giro con due corvi.

    Huginn prese il volo e attraversò tutto il corridoio, viaggiando controluce, fino ad appoggiarsi sulla spalla di una sagoma che si stava avvicinando.
    Un Medimago che si stava avvicinando.

    "Signorina Horvath."
    Guardò con un sorriso soddisfatto la cartellina che aveva in mano.
    "Esattamente secondo i calcoli..." Mormorò fra sé.

    Indossò un guanto sulla mano destra e con essa estrasse una bacchetta dalla tasca.
    "Ditemi cosa vi viene in mente guardando questa bacchetta."

    Era nera, lunga più di una dozzina di pollici, e le spirali che percorrevano i suoi lati le davano un'aria assai bizzarra.

     
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  3. Mariska Horvàth
     
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    Una visione decisamente strana si aprì allo sguardo di Mariska. Nulla in quel posto sembrava avere un senso, ma fu con un'aria apparentemente tranquilla che percorse il lungo corridoio che le si parò davanti. I due corvi le svolazzavano intorno incuriositi, ma non potè trattenere un'espressione di sorpresa quando Huginn prese l'iniziativa e volò lontano...verso una persona?

    Che le rivolse la parola!


    Pensò a qualcosa di intelligente, di sicuro, di sfrontato da dire. Si figurò un discorso furente in cui poneva all'uomo davanti a lei tutti gli interrogativi che le erano venuti in mente da quando si era svegliata, e a cui lui avrebbe risposto con solerzia e disponibilità, dissipando poi tutti i suoi dubbi.

    Dottore..


    Fu tutto ciò che riuscì a dire.
    Bella prova. Complimenti. Un genio dell'indagine.

    Ascoltò vagamente la domanda che le stava ponendo, mentre ancora borbottava improperi diretti a lei stessa.

    Non mi viene in mente nulla. Non l'ho mai vista e in caso contrario non ne ho memoria. - udire il suono della sua voce le diede sicurezza - Dev'essere una bacchetta particolare, o non avrebbe indossato quel guanto prima maneggiarla. Forse non è sicuro di cosa può fare. Ma nemmeno la teme in modo eccessivo, o non se la sarebbe portata addosso in modo così tranquillo.

    Ora, posso andarmene da questo posto, o ci sono altri esami che devo fare?
     
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  4. Il Tessitore
     
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    Una piuma bianca scrisse sulla cartelletta clinica gli appunti dettati mentalmente dal Medimago, mentre Mariska parlava. Egli annuì a tutte le sue osservazioni, e infine rise quando lei chiese se ci sarebbero stati altri esami.
    "Oh, certo che no. Ne avete fatti fin troppi, di esami, signorina Horvath. Questo conclude la serie."
    Con un sorriso, dunque, le porse la bacchetta.
    "Le sue deduzioni sono tutte corrette. Tenga, la prenda. Questa è la sua bacchetta. L'abbiamo già fatta revisionare da Ollivander, quindi non dovrete preoccuparvi di questo."
    Huginn, nel frattempo, tornò da Mariska, assieme a Kavka.

     
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  5. Mariska Horvàth
     
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    Mariska rimase a bocca aperta all'udire le parole del medimago.
    Ah!

    Ultimamente non aveva propriamente la risposta pronta.
    Prese con cautela la bacchetta che l'uomo le stava porgendo e la tenne in mano come se non sapesse bene che farci.
    Solo l'arrivo di Huginn la fece ridestare, e solo perché con l'animale vicino si sentiva stranamente più tranquilla.
    Quindi posso lasciare questo ospedale? Posso uscire e andare dove voglio?

    L'idea sembrava inebriarla e, mentre parlava, la sua voce si alzò sempre più di tono. Quando si rese conto che stava praticamente urlando si ricompose, e infilandosi la bacchetta tra i capelli corvini, si rivolse all'uomo.
    Allora io vado. Vi ringrazio tanto per quello che avete fatto. Di qualsiasi cosa si tratti.

    Sempre mantenendo lo sguardo sull'uomo si allontanò pian piano, mentre gettava rapide occhiate in giro cercando di capire da che parte fosse l'uscita.
     
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  6. Il Tessitore
     
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    Il Medimago sorrise con benevolenza alla paziente.
    "Per il momento potete andare."
    Quindi la seguì mentre lei si allontanava un po' alla cieca.
    Non c'erano indicazioni da nessuna parte, tranne dei numeri sulle porte delle varie stanze.
    Giunsero alla fine del corridoio, dove stava un lunghissimo filo con appeso un piccolo disco di bronzo che oscillava.
    "Immagino che sappiate come funziona una Passaporta."
    Le disse indicando il pendolo.

     
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  7. Mariska Horvàth
     
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    Non seppe dire se la cosa più irritante fu il non trovare l'uscita in tempi rapidi o la presenza del medimago che le zompettava dietro come un cagnolino. Giunta alla fine del corridoio, il non aver ancora trovato l'uscita le stava facendo andare i nervi a fior di pelle, quando le parole del medimago le fecero ritrovare la calma.
    Quelle, e la voce di Huginn.
    Il gracchiare del corvo attirò la sua attenzione su di un pendolo che le si muoveva davanti.
    Sorridendo, si voltò verso l'uomo che fin lì l'aveva seguita.

    La ringrazio ancora, dottore. Per tutto. Un giorno tornerò a chiederle cosa mi era preso quando mi avete trovata e da cosa mi avete curata. Ma per ora mi serve solo uscire all'aperto. Mi serve aria. Arrivederci.

    Inconsciamente fischiò, e in risposta al richiamo i due corvi le si posarono sulle spalle. Non appena furono tutti riuniti, toccò il pendolo.
     
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  8. Il Tessitore
     
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    Nel momento in cui Mariska toccò il pendolo, potè distintamente sentire un sonoro...
    CRACK
    E ciò che si presentò ai suoi occhi non erano più i corridoi claustrofobici e bianchi dove si era svegliata, bensì una grande gradinata all'aperto che conduceva all'ingresso di un edificio.
    A grandi lettere si poteva leggere:

    Ospedale San Mungo
    per la cura dalle malattie di natura magica


    E c'era un gran via vai di persone avvolte col loro mantello, col cappuccio alzato o con un ombrello a ripararsi dalla pioggia battente.

    Mariska non aveva nulla con cui ripararsi. Ma aveva davvero importanza? Era finalmente libera, del resto.

     
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7 replies since 4/12/2015, 10:49   108 views
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